Questo matrimonio s'ha da fare
La Corte Costituzionale ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale dell'articolo 116 del codice civile, che regolamenta il matrimonio dello straniero in Italia, nella parte, introdotta con la legge n. 94/9004, che richiedeva, per la celebrazione delle nozze, che il nubendo straniero fosse titolare di un regolare permesso di soggiorno.
Con la sentenza n. 245/2011, depositata lo scorso 25 luglio, la Consulta ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'articolo 116, primo comma, del codice civile, come modificato dall'articolo 1, comma 15, della legge 15 luglio 2009, numero 94 (disposizioni in materia di sicurezza pubblica) limitatamente alle parole 'nonché un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano'".
I Giudici costituzionali, precisato che è legittima la finalità del legislatore di ostacolare i "matrimoni di comodo" quale parte di una politica volta ad accentuare i controlli sui flussi migratori, hanno ritenuto che la misura approvata dal Parlamento, sia sproporzionata per l'entità del sacrificio imposto alla libertà di contrarre matrimonio non solo degli stranieri ma, in definitiva, anche dei cittadini italiani che intendano coniugarsi con i primi, imponendo una contrazione alla libertà matrimoniale anche nei confronti di coloro che intendano contrarre matrimonio in assoluta "buona fede": "la limitazione al diritto dello straniero a contrarre matrimonio nel nostro Paese si traduce anche in una compressione del corrispondente diritto del cittadino o della cittadina italiana che tale diritto intende esercitare. Ciò comporta che il bilanciamento tra i vari interessi di rilievo costituzionale coinvolti deve necessariamente tenere anche conto della posizione giuridica di chi intende, del tutto legittimamente, contrarre matrimonio con lo straniero".
La Consulta nella motivazione del provvedimento si richiama a una sentenza della Corte europea per i diritti dell'uomo di Strasburgo, secondo la quale "il margine di apprezzamento riservato agli stati non può estendersi fino al punto di introdurre una limitazione generale, automatica e indiscriminata, ad un diritto fondamentale" garantito dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo.
"Secondo i giudici di Strasburgo", ricorda la sentenza, "la previsione di un divieto generale, senza che sia prevista alcuna indagine riguardo alla genuinità del matrimonio, è lesiva del diritto di cui all'articolo 12 della convenzione".
Sotto questo profilo, dunque, la novella del 2009 è stata ritenuta contrastante altresì con l'art. 117, primo comma, Cost., in quanto ha violato i vincoli derivanti dalla adesione dell'Italia e ratifica della Convenzione europea dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali.
I cittadini stranieri extracomunitari potranno pertanto contrarre matrimonio in Italia anche se sprovvisti di permesso di soggiorno (come d'altra parte già accadeva prima dell'introduzione del cd. "pacchetto sicurezzza").